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<< Aeritalia G.91 >>

24/02/2006

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Le esperienze belliche avvenute negli anni 60 fecero capire agli strateghi della forza aerea italiana l'importanza di poter disporre di velivoli leggeri e semplici da pilotare e da manutenere, i quali, collocati in campi di volo improvvisati e vicinissimi alla prima linea, potessero effettuare azioni di attacco al nemico con efficacia e semplicità di impiego. Gli aerei polivalenti, in voga nel periodo menzionato, avevano dimostrato un limite operativo nell'essere piuttosto sofisticati e spesso poco agili da condurre in quei compiti più spartani quale appunto il ruolo dell'attacco e appoggio tattico.

Si partì quindi dal progetto del G.91R e G.91T (per quest'ultimo favoriti dalla fusoliera lunga proprio quanto le specifiche che si volevano per il nuovo aereo da produrre) e si formularono i dettagli tecnici sulla base delle esigenze maturate nei teatri bellici del recente passato.

Il G.91Y doveva essere un velivolo semplice da gestire, avendo molte procedure di manutenzione in comune col G.91R (largamente diffuso sia in Italia che in Germania), e quindi commercialmente appetibile sia per quelle forze aeree che potevano permettersi un velivolo non troppo impegnativo, sia per quelle forze aeree che volessero dotarsi di velivoli leggeri per compiti più spicci.

Oltre ai normali compiti di appoggio ravvicinato, il G.91Y fu però progettato anche per assolvere al ruolo di interdizione di medio raggio, ricognizione armata e addestramento operativo. Il risultato fu un velivolo per buona parte riprogettato, specialmente sull'apparato propulsivo, che divenne bimotore per garantire maggior sicurezza operativa; inoltre il velivolo fu chiaramente dotato di apparati aggiuntivi per la gestione della missione di volo e per la condotta del velivolo.

Tra le innovazioni meccaniche di fondamentale rilievo fu l'apparato propulsore, sdoppiato e provvisto di un unico canalone per l'afflusso dell'aria, che terminava in una presa d'aria di dimensioni maggiorate e situata davanti ai carrelli onde evitare l'ingestione di corpi estranei, considerando situazioni di decolli e atterraggi da campi erbosi e non asfaltati. Il condotto dell'aria si sdoppiava a "Y" a monte dei due reattori, i quali adesso davano un apporto di maggior spinta pari al 63% in decollo rispetto al G.91R.

La struttura alare fu mantenuta, ma leggermente ampliata nella superficie e realizzata in un unico cassone portante. Le ali furono dotate frontalmente di alette mobili, che ne favorirono la portanza specie nelle condizioni critiche di decolli o atterraggi improvvisati.

Il carrello fu irrobustito e dotato di freni a disco, in modo tale da assicurare la perfetta frenata del velivolo in fase di atterraggio, senza la necessità di ricorrere al paracadute freno. Per i decolli molto corti il G.91Y poteva avvalersi del surplus di spinta fornito dai razzi JATO; inotre l'aereo era predisposto per il lancio da catapulte.

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